lunedì, giugno 16, 2003

Evoluzioni politiche


Oggi segnalo due articoli, anzi uno lo copio perché sul sito del corriere gli articoli non durano tanto.
1) Eugenio Scalfari su Repubblica.it. Da rimarcare la chiusura: Personalmente sono ottimista: da un paio di mesi ho la fondata speranza di non dover morire berlusconiano.

2) Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera. Lo riporto per intero:

Il governo, Berlusconi e i pannicelli caldi

ULTIMO AVVISO PER IL MEDIATORE



di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA

Il governo Berlusconi sembra essere arrivato all’ultima stazione: quella, per intenderci, dopo la quale c’è solo il capolinea. Un risultato elettorale mediocre (anche se tutt’altro che rovinoso) ha improvvisamente illuminato tutte le cose che fin qui non hanno funzionato e tutti i motivi che hanno impedito e impediscono il loro funzionamento. Si tratta - ed è bene dirlo subito come premessa - di una situazione di fronte alla quale i rimedi annunciati («vertici», «consiglio di gabinetto», «rimpasto», «tagliando»), oltre ad avere un suono alquanto grottesco, rievocativo di stagioni politiche che credevamo finite per sempre, appaiono privi di qualunque efficacia: i malanni seri, infatti, non si curano con i pannicelli caldi. I malanni del governo sono almeno tre. Il primo riguarda la sua composizione. Molti ministri e sottosegretari, perlopiù di Forza Italia e della Lega, non hanno spessore politico e autorevolezza personale. Appaiono perennemente incerti, incapaci di iniziative, confermando in tal modo la decisione di chi li ha voluti al loro posto solo perché fedeli e obbedienti. Ma agli italiani della loro fedeltà e obbedienza importa assai poco. Quel che conta è che così l’immagine dell’esecutivo e la sua capacità di dialogare con il Paese sbiadiscono e svaniscono progressivamente.
Il secondo malanno riguarda le promesse elettorali non mantenute. Per la stragrande maggioranza dei cittadini il carico fiscale è rimasto sostanzialmente invariato: che poi per alcune categorie sia invece diminuito è solo motivo di sconcerto per tutte le altre. Egualmente, il governo non ha fin qui messo mano ad alcuna seria riforma dell’ordine giudiziario. Anche qui: sono andati subito in porto gli interventi che favorivano direttamente il premier e i suoi amici; di quelli che invece sarebbero dovuti andare a beneficio della collettività non se n’è fatto nulla. Allo stesso modo è fin qui caduto nel dimenticatoio il solenne impegno preso ripetutamente da Berlusconi di sanare il conflitto di interessi che lo vede coinvolto in prima persona. È bene su questo punto essere chiari: anche chi quel conflitto non glielo ricorda ogni giorno tuttavia di esso non si scorda mai, non può scordarsi mai.
Il terzo non è un malanno, è soprattutto un problema: si tratta della leadership di Berlusconi. Al presidente del Consiglio non è ancora riuscito di trasformarsi da padrone elettorale della sua coalizione in suo effettivo padrone politico. La sua personalità - che pure ha modo di rifulgere quando può muoversi in piena libertà nella dimensione istrionico-personale, come nel caso della politica estera - appare invece spegnersi quando si entra nell’ambito della politica interna. Qui egli svolge sì un ruolo di mediazione (come farà sicuramente anche stavolta), ma si tratta di una mediazione per così dire sempre al ribasso, incapace di rappresentare una sintesi superiore, di inserire tale sintesi in una prospettiva dotata di qualche consistenza ideale e incapace altresì di alimentare uno slancio politico forte.
Dunque una mediazione che finisce per esaurirsi rapidamente in se stessa, proprio perché soltanto pura e semplice mediazione. Berlusconi appare, infatti, incapace di decidere davvero. Ancora peggio: l’impressione che comunica all’esterno è che su quasi tutto ciò che non riguarda le sue personali necessità egli non abbia un’opinione precisa, o meglio un’opinione per la quale sia disposto a impegnare davvero se stesso. La parabola del governo è a un punto critico: più che di mediazioni oggi c’è bisogno di scelte, e le scelte non può che farle il presidente del Consiglio. Lui ha vinto le elezioni, e dunque scelga e governi, se è capace.

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